Imparare a raccontare la propria vita è essenziale per capire quali sono i principi che ci ispirano nel lavoro: un percorso individuale alla scoperta di chi si era in passato, chi si è oggi e cosa si vuole diventare domani. Alla fine, si avrà tra le mani un’autobiografia breve, che potrà diventare la fonte da cui attingere per il “Chi sono” del proprio sito, o per presentarsi a collaboratori e clienti nella maniera migliore.

Da bambino, Bruce Chatwin fissava rapito la pelle di un animale preistorico nella vetrinetta di sua nonna. La pelle, a quanto pare, era stata trovata da un lontano parente in Patagonia. È allora che Chatwin inizia a desiderare di andarci, ma poi la vita lo distrae: studia, si laurea e trova lavoro. È bravo in tutto quello che fa, eppure non è felice. Un giorno, a 34 anni, intervista una designer che sul muro ha una mappa dipinta della Patagonia. “Ci vada per me,” gli dice la designer. Chatwin ci va e diventa Chatwin.

La pelle di un animale, una mappa. La vita ci manda dei segnali fin da piccoli – anzi da prima. “C’è mancato poco che nascessi sott’acqua,” racconta Philip Hoare. Sua madre fu infatti presa dalle doglie mentre visitava un sottomarino. Adesso Hoare scrive libri sui cetacei e nuota ogni giorno ovunque si trovi. A Torino, quando è venuto a presentare un suo saggio, ha fatto il bagno nel Po.

Scrivere – raccontare la nostra vita, affettiva e professionale – significa cogliere questi segnali, metterli in fila per capire chi siamo, perché facciamo il mestiere che facciamo, quali progetti ha senso coltivare per il futuro.

Questo è un percorso individuale con un coach, che sarà al tempo stesso docente di scrittura e assistente biografo. In cinque incontri da un’ora e mezza, distribuiti nell’arco di 10 settimane, ognuno individuerà i fatti rilevanti del proprio percorso umano e professionale e padroneggerà gli strumenti per raccontarli. Tra un incontro e l’altro si scriverà, e tanto. Alla fine, si avrà tra le mani un’autobiografia breve, tra le 10 e le 20 cartelle.